giovedì 5 luglio 2007

Laghel - Cima Colodri

Domani a Biassono, vicino Monza la città in cui vivo, ho programmato la partecipazione a due gare serali: il miglio e l'americana. gare che si preannunciano spettacolari perchè su un percorso cittadino da ripetere più volte, attorno ad una piazza e ad una chiesa, nel centro del paese.

Ma oggi sono in Trentino, ad Arco di Trento per la precisione, dove ultimamente alloggio per lavoro.

Dunque stamattina, contro ogni logica che suggerirebbe riposo o, al massimo, una sgambatina tranquilla, mi sveglio alle 6,00 infilo scarpe, canotta e  pantaloncino e mi fiondo in strada, puntando il monte Colodri, che mi guarda e ... mi seduce. Fuori ci sono 13°, fa un po' freddo, ma sempre meglio che soffrire il caldo.

Porto con me il cardiofrequenzimetro, per esser certo di non esagerare, ed inizio a salire verso il Castello di Arco, lungo una strada che mi porta ad un bivio. Il  Castello l'ho già visto, dunque scelgo la strada che mi indica "Via Crucis di Laghel". Il nome mi inspira e dunque procedo. Arrivo dopo circa 15' ad un Santuario della Beata Vergine di Laghel, e mi accorgo che sulla destra c'è un sentiero che si inerpica tra i boschi. Un cartello me lo segnala come "sentiero dei lecci". Leggo che nei primi del 900 l'ing. Gianni Caproni, uno dei primi progettisti di aerei, aveva fatto piantare qui dei lecci, per avere materia prima disponibile per costruire alcune parti dei suoi veivoli. La storia mi appassiona e mi convinco a procedere. Il sentiero lungo 850 mt, porta dai 220mt di altitudine ai 400mt, da cui si godrà di una vista panoramica eccezionale su tutta la valle. Arrivo in cima più arrampicandomi che correndo, tra rocce a sinistra a destra, sotto i miei piedi dolenti e con apparizioni varie di lecci, cipressi, pini austriaci, querce e caprini neri. Non manca un ulivo che sembra essersi smarrito tra questi alberi che, coi loro fusti slanciati, in media sono alti non meno di una dozzina di metri.

Ovviamente, per chi mi conosce sa che non è una novità, riesco come al solito a sbagliare strada. Me ne accogo quando mi trovo davanti ad un muro, dopo aver percorso qualche centinaio di metri su un sentiero che facevo davvero fatica a rioconoscere come tale. Allora torno indietro e seguo la segnaletica che avevo ignorato poco prima. Inforco un sentiero roccioso e praticamente smetto di correre ed inizio ad arrampicarmi, scivolando ogni passo con le mie mizuno slickissime, che tengono poco anche sull'asfalto, figuriamoci qui, dove ieri è venuto giù un acquazzone con i controfiocchi.

La fatica è la paura di cadere è ricompensata dalla preannunciata veduta sulla valle, la giornata è limpida, intravedo nitidamente ogni casa, ogni strada, ogni albero per diversi kilometri, fin dove la mia miopia mi permette di spingermi con lo sguardo estasiato. Giro sulla destra e mi accorgo che sotto di me, dopo il Castello di Arco, oltre il promontorio, si vede il Lago di Garda, che da Riva scende giù verso il bresciano.

Sulla Cima Colodri, a 400mt di altezza. Qui è stata impiantata una grossa Croce. Sotto di essa c'è una cassetta con dentro un libro, su cui la "community" degli amanti delle passeggiate in montagna lascia un segno, una frase, una scritta, un saluto. Lo sfoglio e mi colpisce in particolare una frase con grafia e sintassi semplice, tipica di un bimbo, o di una bimba:

"4 luglio 2007 Luca, Giorgia e nonno Tarcisio oggi siamo stati qui  la giornata è un po' nuvolosa ma abbiamo fatto una bella passeggiata ed era molto faticosa"

Il pensiero vola inevitabilmente verso mia figlia, che oggi  ad oltre mille km da me, è in vacanza con i suoi nonni, ovvero mia madre e mio padre. Li rivedrò a fine luglio, ma il mio cuore, armato di fantasia, monta sul veivolo fatto con i lecci dell'ing. Caproni e dopo aver spiccato un salto dalla Cima colodri, vola via e li raggiunge. a quest'ora certamente è già con loro.  Sarà per questo che il cardio frequenzimetro non segna più nulla. Ma in realtà, anche oggi, non l'ho mai guardato.

Alla prossima.

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